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Turnover: colpa dei lavoratori o delle aziende?

Nel panorama del lavoro italiano, un tema ricorrente e sempre più pressante è quello del turnover, cioè la frequenza con cui i dipendenti entrano ed escono dalle aziende. I dati dell’ultima indagine di Confindustria non sono rassicuranti, eppure basterebbe mettere in pratica alcuni accorgimenti per arginare il problema. 

Le cause del turnover di lavoro in Italia

Secondo l’ultima indagine di Confindustria sul lavoro, il tasso di turnover complessivo nelle imprese italiane ha raggiunto il 34% nel 2023, con una prevalenza evidente nei settori dei servizi, dove il turnover arriva al 47,1%, rispetto all’industria, che si attesta al 25,7%. 

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Questo fenomeno è un segnale di difficoltà più profonde nel trattenere talenti e garantire la continuità delle competenze all’interno delle organizzazioni.

Parlando di turnover, è facile puntare il dito contro le nuove generazioni, dipingendole come poco fedeli o disinteressate. Ma la vera questione è: le aziende italiane sono davvero pronte a rispondere alle esigenze dei lavoratori di oggi?

La risposta, purtroppo, non è sempre positiva. Innanzitutto, c’è da notare che la maggior parte delle uscite dal mercato del lavoro è dovuta a dimissioni volontarie, che rappresentano il 65,8% dei casi di cessazione del rapporto di lavoro. 

Questo dato suggerisce che, più che per motivi economici o di licenziamento, i lavoratori scelgono attivamente di cambiare ambiente di lavoro.

Perché i lavoratori cambiano azienda?

Tra le motivazioni più comuni ci sono:

  • la mancanza di prospettive di crescita
  • una cultura aziendale poco coinvolgente
  • l’assenza di un equilibrio tra vita lavorativa e privata 
  • e la carenza di politiche di welfare.

Nella stessa indagine, infatti, è emerso che solo il 51,3% delle imprese adotta iniziative di welfare per i propri dipendenti, e che queste sono più frequenti nelle grandi aziende rispetto alle piccole. 

Un altro fattore determinante è la difficoltà di reperire competenze adeguate. Oltre il 69,8% delle imprese segnala difficoltà nel trovare le competenze necessarie, in particolare quelle tecniche e quelle funzionali alla transizione digitale.

Una carenza che porta spesso a un disallineamento tra le aspettative dei lavoratori e le opportunità offerte dalle aziende, contribuendo così al turnover. Ne parliamo anche in questo video sul canale YouTube Prestiter!

Quali soluzioni per ridurre il turnover nelle aziende?

Le risposte non sono semplici, ma l’indagine di Confindustria offre alcuni spunti interessanti:

  • investire nella formazione continua: un dipendente che sente di avere l’opportunità di crescere e imparare è un dipendente che difficilmente sentirà il bisogno di cambiare azienda.
  • migliorare il welfare aziendale: offrendo benefici concreti ai dipendenti, come iniziative di conciliazione vita-lavoro, flessibilità e smart working, possono fare la differenza perché spesso non è solo una questione di stipendi, ma di benessere complessivo
  • promuovere una cultura aziendale coinvolgente: investire sulla cultura aziendale, rendendo l’ambiente di lavoro più inclusivo e partecipativo, può aumentare il senso di appartenenza e ridurre il desiderio di abbandonare il posto di lavoro
  • ricorrere a nuove forme di recruitment: allargare il bacino di ricerca, sperimentare nuove metodologie di selezione e collaborare con istituti formativi per creare percorsi di studio che preparino le persone alle competenze richieste. 

Dal canto suo, Prestiter porta avanti da sempre queste politiche per creare un ambiente di lavoro positivo, di crescita e sano, come dimostrano le certificazioni ottenute consecutivamente negli anni dal circuito Great Place to Work e Best Workplaces.

Questi riconoscimenti testimoniano l’impegno dell’azienda nel mettere al centro il benessere dei propri dipendenti e nel costruire una cultura aziendale inclusiva e stimolante.

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