Fino a qualche anno fa, solamente gli esperti del mondo della finanza possedevano una conoscenza approfondita in tema di Spread e dei suoi intricati meccanismi. Ma a partire dal nuovo decennio questo termine si è imposto con prepotenza su giornali e televisioni, per via di un costante martellamento mediatico e per il suo impatto sulla vita politica ed economica del nostro Paese. Ma cosa si intende per Spread? E come funziona?
Spread, Eurozona e Bund
Per comprendere appieno lo Spread è necessario in primis definire i concetti di Eurozona e di titoli di Stato.
Per Eurozona (o zona euro) si intende l’insieme di quei paesi appartenenti all’Unione Europea che hanno adottato ufficialmente la valuta dell’euro, seguendo così le misure di politica monetaria della Banca Centrale Europea.
I titoli di Stato sono obbligazioni emesse dallo Stato con lo scopo di finanziare (coprire) il proprio debito pubblico: chi li acquista fornisce quindi liquidità ad un Paese, ottenendo in cambio la promessa di una rendita che matura nel tempo.
Lo Spread è un indice che esprime la differenza di rendimento decennale di una di queste obbligazioni rapportate al Bund tedesco. Perché proprio il Bund? Perché questo è considerato come il titolo di Stato più solido e affidabile tra le economie dell’Eurozona e possiede quindi il valore di “benchmark”, ossia un punto di riferimento per effettuare delle comparazioni.
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Come si esprime lo Spread
Nei notiziari si sente spesso parlare di Spread associato ad un “punteggio” che, nel caso dell’Italia, si muove generalmente intorno a valori compresi attualmente tra 100 e 200. Ci si ricorderà tuttavia che, sul finire del 2011, l’indice era salito addirittura sopra i 500 punti.
Cosa indicano questi valori? L’unità di misura dello Spread è un punto base, che equivale ad una percentuale pari allo 0,01%. Mettiamo che un Bund tedesco renda l’1% e un titolo di Stato italiano produca un profitto del 2%: in questo caso, la differenza (ossia lo Spread) sarà pari a 200 punti.
Tasso di rendimento e rischio
Il tasso di rendimento a lungo termine di un titolo di Stato è strettamente associato al rischio di insolvenza da parte di un Paese. Ad esempio, un Buono del Tesoro che dovesse rendere il 10%, sebbene molto attraente, verrebbe considerato estremamente rischioso, in quanto un tasso così elevato esprime allo stesso tempo un rischio di default (come avvenuto in Grecia).
Di conseguenza, più lo Spread cresce, più aumenta il rischio per i creditori di non ricevere l’importo versato insieme agli interessi maturati.
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Come influisce lo Spread sui tassi di interesse
L’effetto più evidente dell’aumento improvviso dello Spread, per la popolazione italiana, è stato senza dubbio l’aumento contestuale dei tassi di interesse sui mutui.
La correlazione tra Spread e tassi di interesse è dovuta all’incremento dei titoli di Stato acquistati dalle banche italiane, considerevolmente cresciuto (+28%) nel primo trimestre del 2012, che ha comportato un indebolimento dei bilanci delle banche (molto più esposte rispetto al passato ad un eventuale default dello Stato), una diminuzione del rating sulla loro capacità di rimborsare i propri debiti e un conseguente aumenti dei costi di raccolta del denaro sul mercato interbancario. Di conseguenza le banche hanno riversato parte dei costi sui mutui chiedendo tassi di interesse più elevati.
Nel 2018 la situazione sembra essersi stabilizzata, così come l’offerta relativa ai mutui. Una buona alternativa, laddove possibile, è scegliere un prestito a tasso fisso come la Cessione del Quinto: ha durata più breve, è più facile rinegoziarla e subisce meno le oscillazioni dei mercati.
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